Nino Di
Matteo sta rischiando la vita per tutti noi. Non è un affare privato tra lui e la
mafia, non è la sua battaglia personale ma quella di tutti i cittadini che
credono nella possibilità di vivere liberi. Di Matteo è in pericolo: davanti ha
la mafia, dietro ombre fatte di silenzi, mancati riconoscimenti
professionali e tentativi di delegittimare le indagini. I cittadini lo devono
proteggere manifestando apertamente il loro sostegno in tutte le sedi. Occorre dissentire
non solo dalla mafia ma anche dai politici e dagli uomini delle istituzioni recalcitranti
se non addirittura ostili alla ricerca della verità. L’abominevole trattativa
con i boss è stata condotta direttamente sulla pelle di Paolo Borsellino (e
quindi anche di Emanuela Loi, Agostino
Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina) e
indirettamente su quella degli italiani che dalla mafia non hanno e non
vogliono avere nessun vantaggio. Si sono sacrificate vite umane per salvare
alcuni politici che non avevano mantenuto inconfessabili promesse. È accettabile
che uno Stato prenda ordini da Zu Binnu
o Û Curtu? Un magistrato che indaga per
conoscere negoziatori e garanti diventa anomalo. Ci si deve sempre fermare a ciò
che l’opinione pubblica può digerire e che non disturba gli equilibri del momento: tipo la
favoletta che la mafia negli attentati di Capaci e via d’Amelio non abbia ricevuto
“aiutini”. Nel Paese in cui si preferisce la menzogna che rassicura alla verità
che inquieta, i cittadini sono chiamati ad indignarsi per tutti i fatti oscuri della
nostra storia. E se ne dovrebbe parlare di continuo fino a quando non esce fuori
una versione credibile. L’oblio infatti garantisce l’impunità.
Teologia dei poveri.