Benediciamo
la nostra miseria interiore che ci fa accogliere Dio.
Lui
trova sempre il modo di tirarci fuori dalle buche in cui cadiamo o ci fanno
cadere.
Liberiamoci
da ogni perfezionismo e dall'idea che solo i supereroi possono essere suoi
discepoli.
Liberiamoci
dalla logica dell’adempimento e della ricompensa.
Stiamo
immobili davanti a Lui per contemplare il suo Amore. Poi mettiamoci in cammino
per andare incontro ai fratelli che soffrono.
Che
non ci sia mai pratica o rituale tra noi e Lui. Che l'incontro con Dio sia
sempre nuovo, creativo e bello.
Testo
di Papa Francesco:
“Una
donna e Gesù si sono incontrati. Lei, adultera e, secondo la Legge, giudicata passibile
di lapidazione; Lui, che con la sua predicazione e il dono totale di sé, che lo
porterà alla croce, ha riportato la legge mosaica al suo genuino intento
originario. Al centro non c’è la legge e la giustizia legale, ma l’amore di
Dio, che sa leggere nel cuore di ogni persona, per comprenderne il desiderio
più nascosto, e che deve avere il primato su tutto”.
“Niente
di quanto un peccatore pentito pone dinanzi alla misericordia di Dio può
rimanere senza l’abbraccio del suo perdono. È per questo motivo che nessuno di
noi può porre condizioni alla misericordia; essa rimane sempre un atto di
gratuità del Padre celeste, un amore incondizionato e immeritato. Non possiamo,
pertanto, correre il rischio di opporci alla piena libertà dell’amore con cui
Dio entra nella vita di ogni persona. La misericordia è questa azione concreta
dell’amore che, perdonando, trasforma e cambia la vita. È così che si manifesta
il suo mistero divino”.
“Il
suo amore ci precede sempre, ci accompagna e rimane accanto a noi nonostante il
nostro peccato”.
“Comunicare
la certezza che Dio ci ama non è un esercizio retorico, ma condizione di
credibilità del proprio sacerdozio. Vivere, quindi, la misericordia è la via
maestra per farla diventare un vero annuncio di consolazione e di conversione
nella vita pastorale”.
“Ricordiamo
con sempre rinnovata passione pastorale, pertanto, le parole dell’Apostolo:
«Dio ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero
della riconciliazione» (2 Cor 5,18). Noi per primi siamo stati perdonati in
vista di questo ministero; resi testimoni in prima persona dell’universalità
del perdono. Non c’è legge né precetto che possa impedire a Dio di
riabbracciare il figlio che torna da Lui riconoscendo di avere sbagliato, ma
deciso a ricominciare da capo. Fermarsi soltanto alla legge equivale a
vanificare la fede e la misericordia divina. C’è un valore propedeutico nella
legge (cfr Gal 3,24) che ha come fine la carità (cfr 1 Tm 1,5). Tuttavia, il
cristiano è chiamato a vivere la novità del Vangelo, «la legge dello Spirito,
che dà vita in Cristo Gesù» (Rm 8,2). Anche nei casi più complessi, dove si è
tentati di far prevalere una giustizia che deriva solo dalle norme, si deve
credere nella forza che scaturisce dalla grazia divina”.
“La
misericordia rinnova e redime, perché è l’incontro di due cuori: quello di Dio
che viene incontro a quello dell’uomo. Questo si riscalda e il primo lo risana:
il cuore di pietra viene trasformato in cuore di carne (cfr Ez 36,26), capace
di amare nonostante il suo peccato. Qui si percepisce di essere davvero una
“nuova creatura” (cfr Gal 6,15): sono amato, dunque esisto; sono perdonato,
quindi rinasco a vita nuova; sono stato “misericordiato”, quindi divento
strumento di misericordia”.
“Il
carattere sociale della misericordia esige di non rimanere inerti e di
scacciare l’indifferenza e l’ipocrisia, perché i piani e i progetti non
rimangano lettera morta”.
“Siamo
chiamati a far crescere una cultura della misericordia, basata sulla riscoperta
dell’incontro con gli altri: una cultura in cui nessuno guarda all'altro con
indifferenza né gira lo sguardo quando vede la sofferenza dei fratelli. Le
opere di misericordia sono “artigianali”: nessuna di esse è uguale all'altra;
le nostre mani possono modellarle in mille modi, e anche se unico è Dio che le
ispira e unica la “materia” di cui sono fatte, cioè la misericordia stessa,
ciascuna acquista una forma diversa. Le opere di misericordia, infatti, toccano
tutta la vita di una persona. E’ per questo che possiamo dar vita a una vera
rivoluzione culturale proprio a partire dalla semplicità di gesti che sanno
raggiungere il corpo e lo spirito, cioè la vita delle persone. È un impegno che
la comunità cristiana può fare proprio, nella consapevolezza che la Parola del
Signore sempre la chiama ad uscire dall'indifferenza e dall'individualismo in
cui si è tentati di rinchiudersi per condurre un’esistenza comoda e senza
problemi. «I poveri li avete sempre con voi» (Gv 12,8), dice Gesù ai suoi
discepoli. Non ci sono alibi che possono giustificare un disimpegno quando
sappiamo che Lui si è identificato con ognuno di loro. La cultura della
misericordia si forma nella preghiera assidua, nella docile apertura all'azione
dello Spirito, nella familiarità con la vita dei santi e nella vicinanza
concreta ai poveri. È un invito pressante a non fraintendere dove è
determinante impegnarsi. La tentazione di fare la “teoria della misericordia” si
supera nella misura in cui questa si fa vita quotidiana di partecipazione e
condivisione. D'altronde, non dovremmo mai dimenticare le parole con cui
l’apostolo Paolo, raccontando il suo incontro con Pietro, Giacomo e Giovanni,
dopo la conversione, mette in risalto un aspetto essenziale della sua missione
e di tutta la vita cristiana: «Ci pregarono soltanto di ricordarci dei poveri,
ed è quello che mi sono preoccupato di fare» (Gal 2,10). Non possiamo
dimenticarci dei poveri: è un invito più che mai attuale che si impone per la
sua evidenza evangelica".