Introduzione (a cura dell'autore del sito):
Carissimo fratello sacerdote, lascia in sacrestia non solo tutti i segni del
potere e del lusso ma direi anche del ruolo (che pensi di svolgere). Sono sicuro:
Dio è allergico all'oro e rischiamo di metterlo seriamente in imbarazzo. A lui
piace il legno, soprattutto perché gli ricorda il momento in cui ha amato di
più. Pensare a Lui nudo sulla croce e poi vederti con quei tessuti così
finemente ricamati stona e scandalizza. Il nostro Dio ha conosciuto un altro
tipo di polvere: non quella dei riti ma quella della strada. Il nostro Dio si è
stancato, la sua missione l’ha sfinito. Pregava, ma non credo avesse tempo per
andare in palestra. Il nostro Dio non assomigliava ad un
funzionario e neanche ad uno che conta socialmente. Ecco perché mi piacerebbe
vederti ai semafori a parlare con i poveri più che presenziare alle
inaugurazioni insieme alle c.d. autorità. Informati sulle sofferenze che vivono
disoccupati e precari, partecipa alle loro lotte di rivendicazione così sarai
credibile quando parlerai del mistero e della straordinaria bellezza del
matrimonio. Sostieni concretamente le donne in difficoltà spirituale o
materiale, così sarai credibile quando
parlerai in difesa della vita nascente. Coinvolgiti in ogni sofferenza che
esiste e separati solo per pregare. Non stare rintanato nelle tue strutture mentali
e non. Fuori ti aspetta il Regno di Dio. Da costruire. Tutti insieme.
Con affetto ti auguro buon cammino.
Con affetto ti auguro buon cammino.
Testi di Don Tonino Bello
“Forse
a qualcuno può sembrare un’espressione irriverente, e l’accostamento della
stola col grembiule può suggerire il sospetto di un piccolo sacrilegio. Sì,
perché, di solito, la stola richiama l’armadio della sacrestia, dove, con tutti
gli altri paramenti sacri, profumata d’incenso, fa bella mostra di sé, con la
sua seta e i suoi colori, con i suoi simboli e i suoi ricami. Non c’è novello
sacerdote che non abbia in dono dalle buone suore del suo paese, per la prima
messa solenne, una stola preziosa. Il grembiule, invece, ben che vada, se non
proprio gli accessori di un lavatoio, richiama la credenza della cucina, dove,
intriso di intingoli e chiazzato di macchie, è sempre a portata di mano della
buona massaia. Ordinariamente, non è articolo da regalo: tanto meno da parte
delle suore per un giovane prete. Eppure è l’unico paramento sacerdotale citato
nel Vangelo. Il quale Vangelo, per la messa solenne celebrata da Gesù della
notte del giovedì santo, non parla né di casule né di amitti, né di stole né di
piviali. Parla solo di questo panno rozzo che il Maestro si cinse ai fianchi
con un gesto tipicamente sacerdotale. Chi sa che non sia il caso di completare
il guardaroba delle nostre sacrestie con l’aggiunta di un grembiule tra le
dalmatiche di raso e le pianete di samice d’oro, tra i veli omerali di broccato
e le stole a lamine d’argento”.
(Don Tonino Bello, Chiesa, Stola e
Grembiule, Edizioni Messaggero Padova, Padova 2006, p. 46-47)
“Il
problema delle nostre chiese locali è quello di passare da tende di parcheggio
e di protezione per chi da sempre vi sta dentro, ad accampamenti di speranza e
di salvezza per chi da tempo o da sempre ne sta fuori.”
(Don Tonino Bello, Chiesa, Stola e
Grembiule, Edizioni Messaggero Padova, Padova 2006, p. 38)
"Si
tratta di fare affidamento su di loro, pensando che la salvezza del mondo Dio
la opera per mezzo dei poveri. Si tratta di accettare che, come Gesù, pur
essendo Dio, non ha disdegnato di farsi uomo e assumere la condizione del
servo, così la chiesa, se vuole essere segno di epifania del Cristo, deve
scegliere la strada dello svuotamento, della povertà. Si tratta in ultima
analisi, di scegliere la strada battuta dagli ultimi come il luogo da dove
parte la liberazione operata dal Signore".
(Don Tonino Bello, Chiesa, Stola e
Grembiule, Edizioni Messaggero Padova, Padova 2006, p.65)