Dal
23 maggio 1992 sono diventati tutti amici ed estimatori di Giovanni Falcone*.
Rigorosamente dopo essersi accertati della sua morte. Stesso discorso dopo il
19 luglio 1992 per Paolo Borsellino*. L’ipocrisia che circonda le ricorrenze
dell’uccisione di questi due martiri raggiunge livelli inimmaginabili. Comunque
situazione tipica italiana. Dopo il 25 aprile 1945 erano diventati tutti
partigiani. Con tanto di sfilata (e camicia nera ancora nell'armadio). Falcone e
Borsellino sono stati ostacolati e traditi dai loro stessi colleghi, da
politici, da altri “rappresentanti” dello Stato, da giornalisti. Eppure tra
maggio e luglio tutti con il fiorellino in mano, rilasciano interviste con
annesse citazioni, scrivono articoli lacrimosi per un applauso, un voto, una copia in più. Noi invece che non ci rassegniamo ai compromessi con le mafie
siamo in qualche modo morti con loro. “È finito tutto!”, disse Caponnetto. E quel
senso di disperazione non ci ha più abbandonato. Come dimenticare la devastazione dei corpi e l’amarezza
per non averli saputi difendere. Ci si consola dicendo che la loro morte ha
risvegliato le coscienze. Può darsi. Ma più che coscienze risvegliate si vede
una mafia inabissata e capace di infiltrare allegramente istituzioni ed amministrazioni.
Quindi sono morti invano? Dipende. Da noi.
*Nella
strage di Capaci persero la vita: Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco
Dicillo, Antonio Montinaro.
**Nella
strage di Via D’Amelio persero la vita: Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Emanuela Loi,
Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.