Etty non è una teologa né una catechista, ma ha conosciuto Dio. Ce ne rendiamo conto leggendola. La sua vita è piena di contraddizioni, proprio per questo la possiamo considerare affidabile. La sua vita non è la salita trionfale verso la santità, ma un cammino in discesa verso il proprio abisso, dove Dio l'attendeva. Sì, Etty ha scoperto il suo rifugio. Dio è sorgente nell'abisso, luce nel luogo più oscuro. Abita dove noi non abbiamo il coraggio neanche di entrare, in quel luogo che nascondiamo a tutti e che ci costringe a una vita di finzione. Etty si è fidata della compassione di Dio, non ha detto retta alle sue caricature. Ha creduto nel Dio dell’Amore, non del terrore. Etty è autentica, non è moneta contraffatta. Non ha scritto in riva al mare, ma in un campo di concentramento, cogliendo l’aspetto drammatico della rivelazione di Dio: la condivisione del dolore dell’uomo. Se sganciamo il Vangelo dalla condivisione con i sofferenti lo trasformiamo in dottrina o peggio in ideologia. Ecco perché i testimoni credibili sono quelli che ripetono quel gesto di Dio. Prima la condivisione, poi le parole. Se si invertono diventiamo come “un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna”*.
*Prima lettera ai Corinzi 13,1
Testo di Etty Hillesum
“Dio, credo di collaborare bene con Te, noi lavoriamo bene insieme. Ti sto offrendo uno spazio sempre più ampio in cui vivere, e comincio anche a esserTi fedele. Non ho quasi più bisogno di ripudiarTi.
[…] Il centro forte irraggia il suo influsso fino alle più lontane periferie”.
(Etty Hillesum, Diario 1941-1942, Edizione integrale, trad. Chiara Passanti, Tina Montone, Ada Vigliani (brani in tedesco), Adelphi, Milano 2012, p. 335)
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Foto: Pixabay