Cara Ilaria,
ti scrivo perché non so se da lì mi
puoi sentire. Nulla da fare! Non potremo raccontare la tua testimonianza attraverso
le sentenze. Dovremo farlo solo attraverso i libri di storia. Ma non si
tratterà di quei testi che girano nelle scuole, perché lì si parlerà ampiamente di
Andreotti e Craxi. Per la tua vicenda, invece, solo poche righe. Dovremo raccontarti in modo “carbonaro”, come abbiamo fatto, ad esempio, per Peppino Impastato o per Mauro Rostagno. Quando si crede nel potere della
verità e non si asseconda la verità del Potere si finisce così: trucidati. Dalle c.d. Istituzioni ci aspettiamo ormai solo menzogne. D'altronde hanno di fronte dei cittadini
capaci di assorbire qualsiasi nefandezza senza fiatare. Qualche lacrima fino al giorno del
funerale, poi il circo riprende con tutto il suo tipico squallore. Ma chi
conosce le tue inchieste non ti dimentica, coltiva e rinnova l’indignazione per
il tasso di criminalità, di collusione o di reticenza che hanno portato al tuo omicidio e all'insabbiamento della verità. Il
giornalismo per te era una vocazione non un semplice mestiere. Hai fatto il tuo
dovere e per questo, in un Paese come l’Italia, si può morire: vedi Falcone,
Borsellino o Giorgio Ambrosoli. Non ti sentivi una eroina, lo so. Volevi essere
una giornalista punto e basta. Non chiedermi dello stato di salute della stampa, ti prego.
Lascia perdere: da parte di molti mezzi di informazione trasuda, per interesse, solo bava. Comunque, sai benissimo,
che se con la tua attività avessi svegliato anche una sola coscienza avresti
comunque contribuito a salvare il mondo.
Quindi cara Ilaria, missione compiuta!