Gesù
va ad annunziare ai poveri il lieto il messaggio(1). Cioè che Dio costruisce il
Regno insieme a loro, che dona la sua salvezza attraverso di loro, che si
identifica con loro e che capovolge i giudizi di sventura e di colpa formulati da
quelli che se ne intendono. Noi invece rinchiudiamo ermeticamente il Vangelo in
aule universitarie, sale per le conferenze o nelle assemblee liturgiche. D'altronde
c’è da difendere uno status quo, quindi
l’ordine impartito è rassicurare non scuotere le coscienze.
Gesù
va a proclamare ai prigionieri la liberazione. Cioè che Dio desidera l’uomo
libero e che l’azione della sua grazia mira ad emanciparlo dai gioghi di ordine
materiale o spirituale. Che Dio rimette in piedi chi cade e che non esiste
abisso che Lui non conosca o che non frequenti. Noi invece insegniamo prima a
piegare il capo e poi a mantenerlo piegato. A disconoscere la nostra dignità di
uomini per essere degli ineccepibili servitori del Sistema. In ginocchio davanti
al vitello d’oro del benessere e non per chiedere a Dio il compimento delle sue
promesse.
Gesù
va a proclamare ai ciechi la vista. Cioè che Dio illumina e dissipa le nostre
tenebre. Scioglie i nostri dubbi, guarisce le nostre ferite, consola le nostre
malinconie. Che ci sostiene perché cammina con noi. Noi invece insegniamo la
legge e l’adempimento, le forme e i concetti. Costruiamo verità che risultano
funzionali al nostro bisogno di affermazione ma non alla ricerca esistenziale e
di senso.
Gesù
va a proclamare agli oppressi la restituzione della libertà. Cioè che nel
progetto di Dio la sopraffazione non trova spazio. Le relazioni corrono solo in
orizzontale non in verticale. Che Dio non pensa a fortini con la sorveglianza
armata ma a comunità solidali. Noi insegniamo invece a convivere con l’oppressione
spiritualizzandola in sacrificio gradito
a Dio. Rinviamo indebitamente il senso di Giustizia di Dio all'aldilà.
Pratichiamo conformismo allo stato puro.
Gesù
va a predicare un anno di grazia del Signore, noi un anno di interpretazioni
giuridiche.
(1)Vangelo
di Luca 4,18