L’anima
è impaurita(1). Non sa gestire l’indifferenza del mondo. Se ne sta barricata nel
suo nascondiglio in cui non riesce a penetrare nemmeno un raggio di luce.
Attende nell'oscurità, infatti preferisce il nulla alla menzogna. Riconosce
solo una voce, quella di Dio, l’unica capace di restituirle vita. E allora,
quando la sente, si alza, apre di corsa nel desiderio di vedere il suo Amato. Fuori
la porta non lo scorge, trova, però, il coraggio di uscire ed affrontare i
pericoli. L’Amore placa l’angoscia che la teneva bloccata e la fiducia comincia
a guarire le ferite esistenziali. Il rapportarsi di Dio non è assenza in
termini umani ma presenza non visibile. Di certo non è né distanza né abbandono.
È Lui a cercare e a chiamare, l’anima risponde mettendosi in cammino per
conoscerlo. E più precisamente per conoscere il suo Amore prima di tutte le
prodigiose prerogative divine. Non possiede le mappe, l’itinerario rimane incerto
e non totalmente coerente. Rimane esposta alle trame del male e non può sfuggire
alla sua vittoria (anche se solo apparente): la morte. Deve imparare a rassegnarsi
alla libertà di Dio nell'irrisolvibile alternanza di consolazione e aridità,
luce e tenebre, pienezza e vuoto. Deve toccare la terra senza attaccarsi alle
sue letali seduzioni ed imparare ad affidarsi all'intuito spirituale più che
agli schemi suggeriti dalla ragione. L’anima si ritrova soggetto di una relazione
autentica più che esecutrice di adempimenti cosiddetti religiosi. Un dialogo drammatico
in cui le domande spesso non trovano risposta. Un dialogo pieno di gioia perché
nonostante tutto la speranza cresce.
(1) “Ho
aperto allora al mio diletto, ma il mio diletto già se n'era andato, era
scomparso. Io venni meno, per la sua scomparsa. L'ho cercato, ma non l'ho
trovato, l'ho chiamato, ma non m'ha risposto. Mi han trovato le guardie che
perlustrano la città; mi han percosso, mi hanno ferita, mi han tolto il
mantello le guardie delle mura. Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, se
trovate il mio diletto, che cosa gli racconterete? Che sono malata d'amore!”
(Cantico
dei Cantici 5, 6-8)