Inafferrabili
e quindi pericolose per le autorità (meglio per le burocrazie) ecclesiastiche
le beghine seguivano Gesù senza chiedere permessi o certificazioni di validità.
L’aspetto esperienziale e carismatico prevaleva sulle strutture. Il Vangelo,
interpellando ogni persona direttamente, esige una risposta autentica, unica,
irripetibile: questa la loro testimonianza. Hanno aperto nuove vie sia nella
forma (né matrimonio né monastero) sia nei contenuti (l’amore prima o comunque
oltre la legge). Non sottomettendosi ad un marito o alle gerarchie
scandalizzavano i perfetti. E oltre a lavorare facevano
cose decisamente strane: tipo leggere
le Scritture comunitariamente o addirittura in piazza, curare i malati, pregare
ed occuparsi dei poveri. In
sostanza “volevano tornare a una pratica
del Vangelo che fosse accessibile a tutti, nella povertà e nella castità, ma
senza l’aggravio di una vita in comune di cui, sembra, temevano il formalismo”(1).
Il
movimento delle beghine comincia a diffondersi (nell’attuale Belgio e poi nella
zona del Reno)(2) verso la fine del XII secolo, spontaneamente, senza l’impulso
di un fondatore. Le notizie sugli sviluppi rimangono scarse e frammentate. Ciò
ha contribuito alla banalizzazione del fenomeno e alla distorsione della sua vera
portata. Guardando in profondità invece si può scorgere nelle beghine un segno
profetico contro la dilagante corruzione nella Chiesa e contro il fenomeno
parallelo dell’irrigidimento legalistico. D’altronde l’uomo che persevera nella
corruzione non può riconosce la
Misericordia di Dio: vede solo il muro su cui proietta il proprio degrado. Le
beghine venivano alternativamente derise o insultate, ma per alcune di loro non
è stato sufficiente. Troppo rischioso vivere la carità come pellegrini inquieti
rifiutando la militarizzazione della fede. Con l’aggravante poi di essere
donne. Margherita Porete salì sul rogo nel 1310 per aver scritto nello Specchio delle anime semplici che le
virtù portano a Dio ma non sono Dio:
“Non essendo più al loro servizio, l’anima
annichilita in Dio deve congedare le virtù perché non ne ha più bisogno, anzi
al contrario le virtù obbediscono a lei; una tale anima non si cura più delle
consolazioni di Dio e dei suoi doni, non se ne preoccupa e non saprebbe nemmeno
farlo, perché solo Dio assorbe la sua attenzione mentre tutto il resto è un
impedimento” (3).
La
beghine, escluse le deviazioni personali, non erano eretiche. Sostenere il
contrario significa voler falsare i dati storici. La studiosa E.T. Knuth
conferma che non condividevano le posizioni degli albigesi, non erano panteiste
come i seguaci del movimento del Libero Spirito, non rifiutavano l’insegnamento
della Chiesa, ed amavano i sacramenti(4).
Hanno
vissuto nella relazione con Dio il mistero della libertà: come risposta al suo
Amore. Questa la vera “eresia” che i Sinedri di ogni tempo non possono
perdonare. Semplicemente cercavano l’Amato a qualsiasi prezzo, come canta Hadewijch: “Un comando che mi ingiunge l’amore
stesso e che getta il mio spirito nell’avventura” (5).
Ispirate
dai Sermoni sul Cantico dei Cantici
di san Bernardo e dalla radicalità del Poverello di Assisi hanno scelto con
audacia di vivere la mistica nuziale per giungere all’unione con Dio non solo
delle volontà ma anche per accogliere il dono della divinizzazione per
partecipazione. Tale aspetto sarà ben descritto più tardi da Giovanni della
Croce: “Sappiamo che diventeremo simili a
Dio (1Gv 3,2). Non va inteso nel senso che l’anima acquisterà le perfezioni di
Dio, che è impossibile, ma che tutto quanto ella è, diventerà simile a Dio, per
cui si chiamerà e sarà Dio per partecipazione”(6).
In
questa epoca così disumanizzante, in cui il conformismo che garantisce il
proprio benessere materiale ha spento la profezia che mette in pericolo la vita
terrena per la Vita vera, è auspicabile che l’esempio delle beghine sia
riscoperto e approfondito.
(1) François
Vandenbroucke, La spiritualità del Medioevo, Nuovi ambienti e nuovi problemi
(sec. XII-XVI), (Storia della Spiritualità cristiana, 3/2), trad. Centro
Dehoniano, Edizioni Dehoniane, Bologna, p. 223
(2) Bernard
McGinn, Storia della mistica cristiana in Occidente, La fioritura della mistica
(1200-1350), trad. Marco Rizzi, Marietti, Genova-Milano 2008, p. 49; Dieudonné Dufrasne, Donne moderne del Medioevo, Il movimento delle beghine: Hadewijch di Anversa, Mectilde di Magdeburgo, Margherita Porete, trad. D. Riserbato, Jaca Book, Milano, 2009, p.71
(3)
Silvana Panciera, Le Beghine, Una storia di donne per la libertà, Gabrielli,
San Pietro in Cariano (Verona) 2011, p. 40
(4)
Silvana Panciera, Le Beghine, Una storia di donne per la libertà, Gabrielli,
San Pietro in Cariano (Verona) 2011, p. 41
(5)
Hadewijch Poesia strofica XXII, in Dieudonné Dufrasne, Donne moderne del
Medioevo, Il movimento delle beghine: Hadewijch di Anversa, Mectilde di
Magdeburgo, Margherita Porete, trad.Davide Riserbato, Jaca Book, Milano 2009,
p. 32
(6)
Giovanni della Croce, Notte Oscura, II, 20,5