Come
i bambini credono che il cielo sia contenuto nell'azzurro colorato sulla carta
così i grandi, intellettuali, i teologi, gli esperti credono che le loro parole
possano contenere Dio. Ne parlano come se davvero lo conoscessero contando sul
fatto che Dio di solito preferisce il silenzio alle smentite pubbliche e
plateali. Ma l’assenza di smentita non rende automaticamente vero ciò che viene
detto e soprattutto ripetuto. Le parole che abbiamo non ci bastano, dovremmo
crearne di nuove.
Siamo in grado di narrare una melodia impensabile o il respiro ampio di una poesia?
Siamo in grado di narrare una melodia impensabile o il respiro ampio di una poesia?
Il
problema delle parole è che hanno un significato mentre Dio si trova al di là
dei significati.
Il
problema delle parole è che identificano, circoscrivono mentre Dio lascia
emergere.
Il
problema delle parole è che ripetono cose già dette o successe mentre Dio
immagina sorprese.
Il
problema delle parole è che hanno bisogno di precomprensioni mentre Dio si
riferisce a realtà nuove smentendo e capovolgendo gli antecedenti.
Il problema
delle parole è che trasformano l’esperienza in cronaca mentre Dio trasforma la
storia in evento.
Il
problema delle parole è che mirano al possesso e al dominio mentre Dio desidera
la libertà.
Il
problema delle parole è che non sanno riempire i silenzi e le assenze mentre
Dio riesce a parlare nel silenzio e a rendersi presente nell'assenza.
Il
problema delle parole è che non potranno mai valere come l’abbraccio di un
povero e i gesti di compassione.
“Il
mistico impone alle parole una sorta di torsione creatrice di senso.
Scavalcando a piè pari le convenzioni linguistiche ci dice, o almeno cerca di
dirci, qualcosa di nuovo. Il mistico si muove tra il silenzio e la
contestazione della parola”.
(Massimo
Baldini, Il linguaggio dei mistici, Queriniana, Brescia 1986, pag. 10)