Ci
hanno convinto dell'immodificabilità della realtà e di conseguenza della
distanza di Dio dalla storia dell’uomo. Se cerchiamo la semplice sopravvivenza
materiale conviene certamente prendere atto dell’esistente e adeguarsi. Si
tratterà di scegliersi il posto migliore a discapito di un nostro simile
trasformato in nemico. Dovremo, è vero, sopportare la fatica di difenderlo ma
la legge e le armi di solito vengono in soccorso di chi sceglie il compromesso
con il regime dell’iniquità. Si diventa come loro, infatti il potere ha la capacità
di convincere l’uomo che il cinismo sia necessario per proteggere la propria
vita e quella dei familiari. Diventiamo dei cani rabbiosi e accettiamo un criminale
come padrone che ci tiene al guinzaglio in cambio di qualcosa nella ciotola. Il
Vangelo predica invece che l’uomo non si realizza nella sopravvivenza, nel
lasciare le cose come stanno, ma nella trasformazione della realtà*. L’attuale
assetto sociale è il frutto di logiche economico-finanziarie che rappresentano
tutto il male possibile per l’uomo. Il Vangelo vive in esilio, ai margini,
nelle minoranze, nei luoghi dove abitano le vittime di quelle scelte e di quei
compromessi, fuori dagli spazi istituzionali, convenzionali ed ufficiali. Il
Vangelo attende qualcuno che sia disposto a perdere la vita ossia la reputazione,
l’approvazione di quelli che contano, l’immagine di plastica, per esistere, al contrario, secondo l’immagine autentica che Dio non impone ma che costruisce insieme a
noi. Una società che si muove agli ordini del Capitale non può considerarsi
cristiana anche se abitata da milioni di persone che si definiscono cristiane. Non
basta una definizione per determinare la realtà che parla di oppressione e ingiustizia
piuttosto che di compassione e di comunità. Di conseguenza occorrerebbe
modificare la terminologia scegliendo tra: capitalisti, competitivi, selettivi,
emarginatori, speculatori, indifferenti etc. Altrimenti la parola cristiano risulta o comica o ipocrita.
* “L’evangelizzazione
deve calare profondamente nel cuore dell’uomo e dei popoli; perciò la sua
dinamica tende alla conversione personale e alla trasformazione sociale”.
(Documento
di Puebla, 362)