«Ti lodo, perché mi hai fatto come un
prodigio; sono stupende le tue opere, tu mi conosci fino in fondo» (Salmo
139, 14)
Tu ci
consideri capaci di aprire nuove prospettive e di essere moltiplicatori di
possibilità. Qui invece ci vogliono in gregge, ma non per custodirci. Nasciamo
con il destino segnato dal Potere. Decidono sulle nostre vite senza conoscerci
e vogliono far sopravvivere solo chi si adegua al ruolo attribuito. Tu ci hai fatto
come un prodigio di aspirazioni e di
gratuità; ma qui ci marchiano a fuoco per inserirci nel processo produttivo.
Tu ci hai fatto come un prodigio di
altruismo e sensibilità ma qui ci marchiano a fuoco la nuova identità: “soggetto in funzione di… e/o a disposizione
di…”.
«Quanto profondi per me i tuoi pensieri,
quanto grande il loro numero, o Dio; se li conto sono più della sabbia, se li
credo finiti, con te sono ancora» (Salmo 139,17-18)
Con infinito
amore ci trai dall'abisso del nulla e con indescrivibile gioia esprimi la tua
creatività. Ci vuoi proprio, non ti siamo infatti né necessari né utili. E ci
vuoi proprio così: tutti originali, senza copie. Qui invece ci marchiano a
fuoco il pensiero unico e diventiamo i ventriloqui di sfruttatori e corrotti. Non
ce la facciamo a combattere la visione esecuzione-svago che il Potere ci
impone e non entriamo nel grande silenzio della nostra anima per recuperare la
verità su noi stessi. L’assenza forzata di riflessione soffoca la voce della
coscienza che è appena percettibile. Così Tu ci consideri amici, ma noi
preferiamo i padroni; ci consideri
figli, ma noi preferiamo i manipolatori; ci chiedi obbedienza (nel senso di
ascolto), ma noi preferiamo gli ordini; ci consideri pionieri, ma noi
preferiamo ripetere.