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Compriamo
la macchina per velocizzare gli spostamenti e il motorino per velocizzare il
parcheggio. Compriamo il pc per velocizzare l’elaborazione dei dati e lo smartphone per velocizzare le comunicazioni. Facciamo le
riunioni su skype, organizziamo
eventi su facebook e concludiamo contratti con un clic. Abbiamo braccia
meccaniche, muletti a motore, gru elettriche. Dall'alto arriva l’ordine di accelerare
e noi prontamente ci adeguiamo. Catapultati in una gara globale -in cui rendite di posizione e prevaricazione compulsiva vengono definite comicamente ‘merito’- sembriamo soddisfatti del nostro benessere di
plastica. Accelera tutto, si efficienta tutto, ma non si riduce l’orario di
lavoro. Strano, vero? Pare di no. La sindrome del suddito che induce a pensare
solo alla dissimulazione della propria
frustrazione non trova ancora rimedi. Infatti, paradossalmente, l’orario tende,
addirittura, ad allungarsi, contribuendo a gonfiare il nostro ego per l’incomprensibile
equazione di Sistema: stare in ufficio fino a tardi = essere importanti. «Il tempo è denaro» affermano
apoditticamente i predicatori dell’asservimento. «Il tempo è libertà, creatività e relazione» rispondono i profeti del
Regno di Dio. I primi, infatti, guardano all'uomo secondo le categorie
dell’utile e dell’inutile economico, i secondi secondo quelle del buono e del bello esistenziale. Dio
si è fatto espellere dal mondo, ma solo per tornare in altra forma. E si è fatto
garante: anche se la vita è stata deformata dall'uomo in inferno rimane
possibile vivere da innamorati. Nel resistere alle ingiustizie, nell'impegno di
trasformazione dell’esistente, nelle istanze di liberazione arde il fuoco
inestinguibile di Dio che riscalda i cuori dei piccoli e brucia le falsità
degli idoli.