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Camminiamo
su sentieri sconosciuti. Si è fatta notte e non vediamo neanche dove mettiamo i
piedi. C’è un’unica certezza: la tua mano. Niente parole o voci interiori,
nessuna indicazione. Siamo esposti a continui pericoli: alcuni reali, altri
immaginari. Ma nonostante una fragilità conclamata, nel fondo ci sentiamo al
sicuro: come se, davvero, nulla di male potesse accaderci. Siamo custoditi
anche se non mancano contraddizioni che ci preoccupano e feriscono. Per avanzare
non resta che spingerci oltre la ragione superando le frustrazioni con
l’audacia che viene dallo Spirito. Ritroviamo così dentro di noi una forza
indefinita, una “diversa” dimensione
in cui assumiamo prospettive incontaminate, non colpite, cioè, dalle deformazioni
del calcoli economici. Solo così diventiamo capaci di realizzare utopie, di
sradicare ingiustizie, di raggiungere l’altro nel luogo in cui è rimasto solo con la sua sofferenza. Liberando l’altro dal suo dolore, liberiamo noi stessi dall'egoismo. Liberando
l’altro, guariamo noi stessi da tutte le malattie derivanti dal ripiegamento che
poniamo a custodia della nostra opulenza. Possiamo trovare Dio nella sua
autenticità. Possiamo intravedere il
suo vero volto dopo aver eliminato, una ad una, tutte le caricature predicate o
imposte da falsi testimoni. E solo oltre quella soglia potremo parlare di
bellezza e non di osservanza, di relazione d’amore tra due libertà: quella di
Dio e quella dell’uomo.
«È in te la sorgente della vita, alla tua
luce vediamo la luce» (Salmo 36,10)