Un
giorno M. decise di rifiutare il compromesso proposto dalla società e dai suoi
mercanti, e si ritirò in preghiera. Non fuggì, scelse il deserto
dell’indifferenza e dell’aridità relazionale così diffuso nelle città del
progresso tecnico e del regresso umano. Preferì la valle (il punto più basso)
alla cima; la prospettiva condivisa al panorama. Si sentiva simile all'uomo del
racconto evangelico che da Gerusalemme scende
a Gerico (1) più che a quello che rimane fisso a Gerusalemme. Considerava
il tempo un dono da restituire soprattutto ai bisognosi. Rallentare, saper
attendere per accorgersi delle ferite
dell’altro. Abitava in periferia in uno di quei cimiteri per i vivi destinati
al soggiorno dei poveri. Nella sua casa c’era silenzio, infatti si potevano
ascoltare perfettamente le grida dei bambini del piano superiore e quelle della
coppia in perenne litigio della porta accanto. «Era sorridente, disponibile ma taciturno. Non credevamo avesse così
tanti amici», ripetevano i vicini il giorno del suo funerale. La chiesa era
stracolma, molti non riuscirono neanche ad entrare. Non c’erano autorità e
saluti formali, piangevano praticamente tutti ma con il sorriso sulle labbra. I
poveri erano la sua nuova famiglia e grazie a loro quell'eucaristia fu davvero
ringraziamento. Un’esistenza trasfigurata
dalla compassione, mani e piedi prestati a Dio per raggiungere i suoi
figli prediletti. Un testimone della preferenza di Dio per gli ultimi, un luogo
in cui l’Amore di Dio poteva abitare e manifestarsi. Eremita dei poveri e con i
poveri: senza strutture, senza organizzazione, solo con il fuoco della profezia
evangelica. Del passaggio su questa terra ci rimangono la sua testimonianza e
alcuni frasi del diario:
«Vivo
il Vangelo immerso nel fango come gli altri. Il mio compito credo sia quello di
aiutare Dio a far sbocciare fiori» (2)
«Passo
del tempo in preghiera. Prendo carta e penna. Infatti Dio si può raccontare non
descrivere. Prendo pennelli e colori. Cerco di dipingere il suo volto che affiora
lentamente giorno dopo giorno»
«Signore
mi chiedi “Chi sono per te?”. Vorrei
risponderti con la vita» (3).
(1)
Vangelo di Luca 10,25-37
(2) Cfr. Etty Hillesum (11 luglio 1942): «Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi.
Stanotte per la prima volta ero sveglia al buio con gli occhi che mi bruciavano,
davanti a me passavano immagini su immagini di dolore umano. […] Cercherò di
aiutarTi affinché Tu non venga distrutto dentro di me, ma a priori non posso
promettere nulla. Una cosa, però, diventa sempre più evidente per me, e cioè
che Tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare Te, e in questo
modo aiutiamo noi stessi. L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e
anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di Te in noi stessi, mio
Dio. E forse possiamo anche contribuire a disseppellirTi dai cuori devastati di
altri uomini» (Etty Hillesum, Diario 1941-1942, edizione
diretta da Klaas A.D. Smelik, traduzione di Chiara Passanti - Tina Montone –
Ada Vigliani (brani in tedesco), Adelphi, Milano 2012, p. 713
(3) Cfr.
Vangelo di Matteo 16, 13-20