«Strappa l’oppresso dal potere dell’oppressore, non esser pusillanime quando giudichi» (1).
I
dominatori del mondo, nella bulimica smania di conquista, non si appropriano
solo della terra e della vita degli oppressi, ma anche del loro Dio. Così, promuovono
la squallida manipolazione della Scrittura, che trasforma la spiritualità della
liberazione in psicologia della sopportazione (tendente alla rassegnazione) e convincono,
spesso, la Chiesa, in cambio di qualche triste privilegio, a mettersi al loro
servizio, oppure a mantenersi equidistante, cioè
pusillanime nel giudizio. Agiscono pure sugli oppressi facendo apparire
conveniente la collaborazione con la catena di sfruttamento, che prevede
qualche eccezione, a cui possono aspirare. Dio, invece, agisce in modo opposto,
salvando l’ultimo. Su questo non abbiamo alcun dubbio, ma occorre riflettere
sulle modalità. Sicuramente non adopera mezzi magici o spettacolari, e neanche
procede dall'alto, sfoggiando poteri o prerogative. Dio scende, assume la condizione dell’oppresso, ed incarnandosi
dimostra fattivamente da che parte si pone. Entra nella storia degli oppressi, la
scrive camminando nelle profondità degli
abissi (2) insieme a loro, e la legge da quella prospettiva. Dio cammina
con i calpestati verso il Regno, ma non prescindendo da loro. Si tratta di una
causa che richiede partecipazione e coinvolgimento. Si tratta, al tempo stesso,
di vocazione e di missione, di un dono da ricevere e di un impegno da portare
avanti. C’è la schiavitù che si può decidere di accettare e la libertà che si
può, ancora, conquistare. In mezzo si trova il deserto, il nulla, l’incertezza.
L’oppresso deve scegliere di attraversarlo, rompendo ogni indugio, rinunciando
ad ogni calcolo, senza attendere autorizzazioni o aspettarsi applausi. Come
unica certezza la Parola eterna che Dio ha pronunciato: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo
grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono
sceso per liberarlo dalla mano dell’Egitto e per farlo uscire da questo paese
verso un paese bello e spazioso» (3).
(1) Siracide
4,9
(2) Cfr.
Siracide 24,5
(3)
Esodo 3,7-8
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