Entro in una struttura/organizzazione e penso a quelli che rimangono fuori perché allontanati, scandalizzati o perché senza forze. Penso all'assenza di speranza, all'ultimo metro prima del baratro affollato di fratelli e sorelle, e noi qui a stilare programmi, a decidere il restauro di muri o l’acquisto di cose destinate all'oblio eterno.
Entro in una struttura e lascio Gesù fuori ad attendere l’elemosina di un sorriso, di un abbraccio, e finalmente di essere riconosciuto. Penso al fratello detenuto che viene umiliato anche se pentito e pronto a pagare il conto con la giustizia. Penso al fratello in ospedale che viene evitato perché la società costruita sul nulla non vuole affrontare la sofferenza.
Esco allora, perché mi manca l’aria.
Percorro strade casuali ed incontro il fratello venditore ambulante, fermo all'angolo, stremato, ma ancora capace di gratitudine; la sorella disoccupata, in fila al centro per l’impiego, per il reddito di cittadinanza; il fratello precario che manifesta contro il padrone per il mancato pagamento del salario.
Nella strada, nel penoso pellegrinaggio dei poveri dai dormitori alle mense e viceversa, nello sguardo spento e sfiduciato dell’oppresso, nella solitudine dell’anziano, ritrovo il Vangelo di Cristo: l’unica parola capace di ribaltare la storia.
Foto: Pixabay
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