quando vede Maria
(e le persone che erano con lei)
in lacrime, per la scomparsa di Lazzaro.
Questo turbamento, sottolineano i commentatori,
è da intendere come una forma di indignazione
davanti alla morte,
che sembra annientare i disegni di Dio
e la dignità dell'uomo.
Infatti la presenza del male,
il suo dilagare fino alle estreme conseguenze,
scandalizza e semina dubbi sulla sollecitudine di Dio
e spinge l'uomo ad allontanarsi.
Ma anche oggi, anche a noi,
sprofondati nei nostri sepolcri esistenziali,
Gesù grida a gran voce di uscire,
confidando sulla sua fedeltà
più potente del male che ci ferisce,
e sul suo agire salvifico
più potente del male che ci inganna.
Con Gesù, risurrezione e vita,
possiamo attraversare la morte
con la sola forza del suo Amore.
Quando Gesù si trova davanti alla tomba di Lazzaro
e alla violenza della morte
che strappa via dalle relazioni,
scoppia in pianto.
I falsi maestri insegnano a fuggire dal dolore altrui,
a banalizzare le fragilità per non essere coinvolti,
ma seguendoli si può diventare solo esperti
nella produzione di solitudini.
Il Signore ci rivela, invece,
come realizzare autenticamente
la nostra umanità: vivendo la compassione,
accompagnando la sofferenza dell'altro,
condividendo i pesi.
E paradossalmente nel patire-con
troveremo la pace del cuore e il senso delle cose
che altrimenti sempre sfuggirebbe.
Il pianto incontrollato ed umanissimo di Gesù
ci libera dal terrore di un Dio lontano e distaccato
e ci invita a ciò per cui siamo nati
e a cui siamo destinati: amare.
*Cfr. Gv 11, 25-26
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